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Tesi in storia del teatro contemporaneo – Gianna Giachetti




Enviado por Gino Bosio



    PREMESSA

    La storia del Teatro italiano del Novecento, è
    ricca di artisti che talvolta ne sono stati, e ne sono,
    protagonisti per decenni, seguendo o determinandone i
    cambiamenti, le crisi, le evoluzioni. Personalità forti e
    determinate che col loro "mestiere" hanno scritto o contribuito a
    scrivere tale storia, grazie ad una carriera pluriennale e ad un
    lavoro costante. Tra questi nomi sicuramente ha un posto di
    rilievo l"attrice fiorentina Gianna Giachetti, artista che dalla
    fine degli anni Cinquanta calca le scene affrontando ruoli anche
    profondamente diversi da loro, appartenenti a grandi testi di
    autori italiani e stranieri , scegliendo un percorso di
    libertà che l"ha portata a cambiare Compagnia e ad
    accettare nuove sfide.

    Ricostruire la carriera artistica di Gianna
    Giachetti significa ripercorrere una strada a
    ritroso negli anni, nella quale incontriamo i maggiori registi,
    autori e attori del nostro teatro. Perfetta nei ruoli femminili
    della commedia goldoniana, riesce a misurarsi con i personaggi e
    le tematiche del dramma borghese di Cechov o di Strindberg, con
    la sottile psicologia dei testi di Pirandello e di
    Shakespeare.

    La sua carriera non riguarda tuttavia solo il teatro.
    L"attrice ha infatti partecipato con la sua esperienza recitativa
    in molti film, talvolta d"autore, ed ha instancabilmente lavorato
    anche in televisione e alla radio.

    Nata in una famiglia in cui già era presente
    l"amore per il teatro ed il cinema grazie alla figura del noto
    attore Fosco Giachetti1, cugino del padre di Gianna Giachetti,
    ben presto, in età adolescenziale, le si è
    manifestato il desiderio di calcare le scene, un sogno che ha
    finito per diventare un obiettivo preciso, perseguito con lo
    studio e l"impegno, durante anni di prove e di viaggi, di
    successi e difficoltà, speranze e delusioni, con coraggio,
    carattere e determinazione.

    La storia, in definitiva, di una grande
    attrice, con un ricco passato da raccontare, pronta
    ad affrontare un calendario di impegni nuovi e futuri.

    CAPITOLO PRIMO

    IL PERCORSO
    ARTISTICO DALL'ACCADEMIA ALLA DURA SCUOLA DEL

    PALCOSCENICO

    1.1 GLI STUDI E L'ESORDIO SULLA SCENA
    TEATRALE

    Gianna Giachetti nasce a Sesto Fiorentino il 24 luglio
    1935 da Gino Giachetti e Albertina Gherardeschi. Suo padre lavora
    per molti anni come operaio nella fabbrica Richard Ginori di
    Sesto e suo fratello Romano1 sarà un noto giornalista e
    critico cinematografico. Visitando Sesto ci si accorge di quanto
    la famiglia Giachetti sia nota in questa cittadina alle porte di
    Firenze2. Camminando per le vie del centro, troviamo infatti una
    bella galleria intitolata a Fosco, costruita in omaggio
    all'attore sestese e al cinema. Inoltre, presso

    la Biblioteca pubblica "Ernesto Ragionieri"
    si trova la Fondazione Romano Giachetti, costituita
    da ben 5000 volumi di letteratura americana
    contemporanea in lingua originale appartenenti al
    giornalista e donati all'istituto dalla famiglia
    dopo la sua morte.

    Gianna Giachetti cresce quindi in un ambiente familiare
    in cui ha modelli di personalità forti e creative, tanto
    da stimolare la sua intelligenza artistica e la sua ambizione.
    All'età di quattordici anni partecipa con
    curiosità e gioia al suo primo spettacolo
    teatrale. Si tratta di un'esperienza che accende in
    lei la passione della recitazione.

    La commedia è Lo sbaglio di essere vivo di Aldo
    De Benedetti, con la regia di Dante Nello Carapelli, e la scena
    è quella del Selt Valdarno, oggi sede dell'Enel, in via
    del Sole a Firenze. La messa in scena piace molto al
    pubblico in sala, che la ripaga con generosi applausi.
    L'attrice recita anche con un gruppo che lavora su
    testi contemporanei, "L'affratellamento", diretto da
    Ghigo Pratesi, attivo presso i Festival delle
    Filodrammatiche.

    La giovane attrice, spronata dall'amico e attore Beppe
    Menegatti, decide di iscriversi all'Accademia d'arte drammatica
    "Silvio D'Amico" 3 di Roma. Si
    diploma nel 1957 insieme ad artisti che diverranno grandi
    protagonisti del nostro teatro e cinema come Giuliana
    Lojodice, Ferruccio Soleri, Gian Maria
    Volontè, Umberto Orsini, Mario Missiroli.

    Inizia per lei un duro percorso di formazione, siamo
    alla fine degli anni Cinquanta ed il teatro italiano si
    caratterizza per un ricco fermento di idee e la voglia di
    cambiamento. La diminuzione degli spettatori registrata in questi
    anni è causata dalla concorrenza di cinema e televisione,
    che nel 1954 dà il via alle trasmissioni ufficiali, ma
    anche da una crisi più profonda. La lotta
    contro gli episodi di censura, la crisi delle compagnie
    minori, la presenza di un teatro chiuso e vecchio
    come quello ufficiale, portano alla nascita di un tentativo di
    innovazione e di rivolta attraverso alcuni registi come Giorgio
    Strehler, Dario Fo, Luigi Squarzina, Ugo Betti, i quali lavorano
    per un teatro caratterizzato dall'impegno culturale e
    politico-sociale4.

    In questo panorama ricco e complesso inizia
    il percorso di attrice di Gianna Giachetti, che
    già in età giovanile recita sotto la direzione
    artistica di grandi registi. E' interessante notare quanto ogni
    sua interpretazione sia un passo avanti lungo una strada coerente
    di seria formazione professionale, attraverso
    esperienze in rappresentazioni teatrali di alto livello di cast e
    di regia.

    1.2 ORAZIO COSTA
    MAESTRO E REGISTA

    Gianna Giachetti apprende i primi
    insegnamenti all'Accademia da importanti maestri,
    tra i quali ricordiamo Wanda Capodaglio, Ione Morino, Elma
    Criner, Sergio Tofano, Giorgio Bassani, Niccolò Gallo, e
    da un regista e attore tra i massimi esponenti del
    teatro italiano come Orazio Costa
    5, insegnante e teorico del
    teatro che diffonde un suo metodo di insegnamento
    per la formazione dell'attore che diverrà una teoria
    generale del teatro, in Italia e non solo, sulla quale si basa
    l'Accademia d'arte drammatica di Roma fino al 19766.

    Nella concezione di Orazio Costa l'attore è
    importante, ma deve rimanere coerente rispetto al testo e
    all'autore del testo, e tutti gli elementi devono trovare la loro
    unità sotto la guida del regista, che svolge un
    ruolo fondamentale di natura etica e di
    armonizzazione dello spettacolo, non solo in senso coreografico,
    senza limitarne l'originalità stilistica. Il suo
    insegnamento si colloca nell'ambito dei tentativi di
    aggiornamento del teatro italiano, impediti da una
    tradizione che risale alla fine dell'Ottocento, ferma al dominio
    dei grandi "mattatori", attori sulla cui recitazione si basava
    l'intero spettacolo, fino alla fondazione dell'Accademia d'arte
    drammatica di D'Amico, nella quale si va formando un nuovo tipo
    di attore, che pur conservando indiscusse grandi
    qualità, permette la concezione di uno spettacolo che
    trova nella figura del regista il momento di coesione di tutti
    gli elementi7.

    L'attrice recita durante gli anni dell'Accademia in
    alcuni importanti allestimenti di Orazio Costa, confrontandosi
    con il rigore di una regia di forte tensione
    spirituale, permeata da una concezione di sacralità del
    teatro che contraddistingue la scuola del regista. Il 30 marzo
    1956 l'allieva Gianna Giachetti recita con successo
    nel ruolo principale della Madonna in Donna del
    Paradiso, Mistero della Natività, Passione e
    Resurrezione di Nostro Signore, testo tratto da
    laudi dei secoli XIII e XIV ad opera di Silvio D'Amico. L'evento
    è dedicato alla memoria di Silvio D' Amico, nel primo
    anniversario della sua scomparsa, e rappresenta per
    l'attrice un vero e proprio banco di prova, superato
    con grazia e capacità.

    Critiche positive e lodi per la sua interpretazione le
    giungono sia dai maestri dell'Accademia che dalla
    stampa:

    Fra i trentasei allievi dell'Accademia ha avuto modo di
    distinguersi Gianna Giachetti nella parte della Madonna. Questa
    giovane allieva si è rivelata una sicura promessa della
    nostra scena di prosa. In platea, un autorevole cugino
    della giovane attrice, Fosco Giachetti, era visibilmente
    commosso del successo della sua congiunta8.

    Nel mese di luglio dello stesso anno Orazio Costa mette
    in scena Liolà di Luigi Pirandello, per commemorare i 20
    anni trascorsi dalla morte del drammaturgo e celebrare i primi 20
    anni di attività dell'Accademia, e l'attrice
    vi recita nel ruolo di una giovane contadina. Poco
    più tardi interpreta una delle anime in
    L'angelo di Luigi Santucci, dramma diretto da Orazio Costa, con
    la regia di Mario Ferrero, che le dà l'occasione di
    conoscere l'attore Giorgio Albertazzi.

    Il saggio finale dell'Accademia, il 27 marzo 1957,
    è Nostra Dea9, di Massimo Bontempelli , piéce
    complessa e metateatrale, nella quale l'attrice recita nel ruolo
    difficile e principale di Dea, diretta da una giovane regista
    ex allieva dell'Accademia. Gianna Giachetti
    interpreta un personaggio che cambia carattere e atteggiamento in
    funzione dell'abito che indossa, ruolo che la fa
    distinguere per la capacità e il coraggio con il quale
    affronta la prova. L'attrice scopre sorpresa di
    suscitare, con la sua interpretazione di Dea, la
    risata del pubblico e riceve meritati applausi e critiche
    positive:

    (…) Certo, diciamolo subito, c'è voluto un
    gran coraggio a scegliere «Nostra Dea» per una recita
    di allievi; si pensi, per raccontare in breve la trama, che la
    protagonista di questa commedia è una simpatica, bella
    giovane che cambia di carattere, di temperamento, a seconda del
    vestito che indossa.

    Un personaggio come si vede, che farebbe drizzare i
    capelli anche alla più esperta, alla più quotata
    delle attrici di prosa, una commedia che metterebbe nelle pettole
    il più bravo dei nostri registi. (…)

    Protagonista della commedia e della serata era Gianna
    Giachetti, allieva del terzo anno. La giovane
    Gianna, oltreché essere bella, ha anche della stoffa; se
    ci si permette fare un'osservazione (a carattere generale
    però: un difetto di tutti questi attori), è che
    gesticola troppo10.

    Finita l'esperienza di studio e formazione
    dell'Accademia, l'attrice inizia a lavorare nell'agosto del 1957,
    ed ottiene una piccola parte nel coro delle ancelle in Ifigenia
    in Tauride di Euripide, ancora con la regia di Orazio
    Costa e Mario Ferrero, accanto ad alcuni importanti
    attori come Lilla Brignone, Enrico Maria Salerno, Alberto
    Lupo.

    1.3 GLI ANNI
    ROMANI

    Legata alla sua città, Gianna Giachetti si trova
    a dover lasciare casa e famiglia per inseguire la sua passione e
    realizzare il percorso di attrice, e si trasferisce a Roma, dove
    reciterà nei primi importanti spettacoli. Nel 1958, a soli
    ventitre anni, è in scena con una commedia musicale, Lina
    ed il Cavaliere, occasione che la fa lavorare accanto a Franca
    Valeri, Vittorio Caprioli, Giuseppe Patroni Griffi in un genere
    che riscuote un buon successo di pubblico11. In
    questa occasione Gianna Giachetti interpreta una giovane
    "svanita" e provocante. Viene notata dal grande pubblico
    oltre che per la bellezza ed il fascino, per la
    capacità di vestire, all'interno di uno stesso
    spettacolo, ruoli diversi tra loro con disinvoltura e
    ironia.

    (…) Gianna Giachetti, autentica rivelazione dello
    spettacolo, ha spadroneggiato nei panni della Mina, a volte
    racchia a volte vamp a seconda della moda e delle operazioni di
    plastica non soltanto facciale.
    (…)12

    La stampa la definisce la giovane "pin up"
    della prosa:

    (…) Una giovane attrice, che per le sue doti
    fisiche potrebbe essere agevolmente inclusa nel novero delle
    «maggiorate», ha compiuto in questi giorni il suo
    ingresso ufficiale nel palcoscenico, e proviene dalla più
    severa e tradizionale delle scuole, dall'Accademia d'Arte
    Drammatica. E' Gianna Giachetti, è bruna,
    formosa. Ha gli occhi a mandorla, le caviglie
    sottilissime.

    Raul Radice e Orazio Costa, suoi maestri, l'hanno
    ritenuta degna di interpretare il difficile personaggio di
    «Nostra Dea» nella commedia omonima di Massimo
    Bontempelli. Questo personaggio trent'anni addietro portò
    fulmineamente al rango di prima attrice Marta Abba13.

    Sempre nel 1958 l'incontro con Luchino
    Visconti 14 , con la partecipazione
    al dramma familiare Veglia la mia casa, angelo, commedia
    americana tratta da un vecchio romanzo di Thomas Wolfe. Il
    Teatro è il Quirino di Roma e la Compagnia è quella
    di Lilla Brignone, attrice di grande esperienza, formatasi con
    registi come Giorgio Strehler e Luchino Visconti. La giovane
    Gianna Giachetti recita con lei ed altri bravi interpreti quali
    Adriana Asti , Corrado Pani, Tino Bianchi, e molti
    altri:

    (…) Luchino Visconti ha mosso con la consueta
    perizia un folto gruppo di interpreti, circa una ventina, via via
    animandoli sullo sfondo delle scene veristiche di Mario
    Garbuglia. Ed ha ottenuto effetti eccellenti in ognuno dei cinque
    quadri della commedia. (…)

    Applausi a scena aperta e alla fine di ogni quadro. Dopo
    l'ultimo, gli attori e il regista, sono stati
    calorosamente evocati più volte al proscenio15.

    Veglia la mia casa, angelo è un affresco di vita
    provinciale, vi si raccontano i conflitti familiari, la
    solitudine e l'incomprensione che talvolta vi regna, tanto da
    soffocare aspirazioni e creare incapacità di comunicazione
    tra genitori e figli:

    (…) Ambiente dispersivo e opprimente quello della
    famiglia Gant, dove ogni intimità di vita domestica
    è sacrificata alla convivenza con gli ospiti della
    Pensione Dixieland tenuta da Eliza Gant, una donna autoritaria e
    incomprensiva sempre rivolta a combinare affari vantaggiosi per
    l'avvenire economico della famiglia.
    (…)

    Sfrutta la figlia Helen, benché già
    maritata, servendosene come d'una domestica nel
    mandare avanti la pensione. (…)

    Ma Luchino Visconti è artista d'una intelligenza
    e d'una sensibilità alle quali non sfugge mai
    il motivo profondo d'un testo; e, pur avendo badato a
    rendere l'atmosfera confusionaria e opprimente della vita
    della pensione, la sua regia ha mirato fin da
    principio a farvi avvertire il sottinteso di quel
    conflitto, graduandone le rivelazioni, così che esso
    esplode con tanto maggior forza nel commovente
    finale.16

    Gianna Giachetti recita nel ruolo della figlia Helen,
    sposata ma nonostante questo sfruttata dalla madre egoista e
    autoritaria, che le fa svolgere il ruolo della
    domestica nella conduzione della pensione che lei
    stessa gestisce con grande senso affaristico. La commedia
    riscuote un buon successo di critica e di pubblico e rappresenta
    per l'attrice un notevole esercizio recitativo, guidata dalla
    regia equilibrata e sapiente di Visconti.

    (…) Tra gli altri interpreti ricordiamo Gianna
    Giachetti, piuttosto vera nella parte della figlia. (…) Di
    un gusto minuto e preciso le scene di Mario Garbuglia facevano
    America quanto le canzoni di Nino Rota. Quattro applausi a scena
    aperta, molte chiamate alla fine agli interpreti ed al
    regista17.

    Nel 1959 l'attrice, sempre a Roma, ottiene una parte che
    la fa apprezzare sia dal pubblico che dalla critica, in Le
    ragazze bruciate verdi, di Gian Paolo Callegari, con la regia di
    Daniele D'Anza. Il tema trattato fa discutere e,
    dopo i successi avuti all'estero, lo spettacolo incontra in
    Italia ostacoli e perplessità da parte della
    censura, poiché si ispira ad un fatto di cronaca, il
    cosiddetto "affare Montesi", che fa emergere il ritratto di una
    piccola-media borghesia priva di principi e
    moralità.

    Il 1959 rappresenta per l'attrice un' ottima scuola,
    nella capitale ottiene infatti un altro ruolo in una
    commedia di Alessandro De Stefani, Portava la maschera, con la
    regia di Giorgio Bandini. Gianna Giachetti recita accanto a Renzo
    Giovampietro, Carlo D' Angelo, Lia Zoppelli, in una piéce
    che ha come temi il tradimento coniugale, la
    gelosia, rappresentati in una atmosfera di
    sogno.

    Un' esperienza nuova che la porta dopo pochi mesi a
    confrontarsi con un grande attore di cinema, Ugo Tognazzi,
    stavolta impegnato sulle scene teatrali in Gog e
    Magog, riduzione di Gabriel Arout, al Teatro Quirino di Roma. La
    commedia, che ha le sue origini nel giallo poliziesco, si basa
    sul motivo antico del sosia e sullo sdoppiamento della
    personalità del protagonista, un Tognazzi timido e
    remissivo, amato e incoraggiato solo dalla moglie, una brava
    Gianna Giachetti, cui si sostituisce insinuandosi nelle
    sue azioni un "doppio" scaltro e immorale. La commedia,
    ricca di sorprese, misteri, e intrisa di risvolti
    psicologici, riscuote un buon successo, anche grazie
    all'interpretazione degli attori:

    Ugo Tognazzi è entrato con tanta discrezione nel
    personaggio del protagonista, ne ha disegnato lo sdoppiamento con
    mano così leggera e quasi timida, da dar l'impressione che
    egli si difendesse con una recitazione scolorita dal sospetto di
    voler portare sulla scena di prosa le forzature comiche
    dell'attore di rivista. (…)

    Gianna Giachetti (la moglie), Antonella Steni (la
    suocera), Mico Cundari (l'Ispettore), col Severini e
    il Carloni, hanno contribuito al successo dello spettacolo che ha
    procurato numerose chiamate a Tognazzi e ai suoi
    collaboratori18.

    1.4 L'ATTRICE AI
    TEATRI STABILI DI GENOVA E TORINO

    Negli anni 1960-63 alcuni importanti teatri diventano
    Stabili; tra i maggiori vi sono quelli delle tre città
    industriali Genova, Milano e Torino. Il problema che si presenta
    è la forte ingerenza degli organi centrali dello Stato
    sulla produzione degli Stabili, attraverso l'arma delle
    sovvenzioni pubbliche.

    Da un lato il teatro ha bisogno dei fondi, dall'altro
    rischia una limitazione di libertà espressiva
    a causa del controllo statale. Tuttavia il miglior teatro di
    regia sta continuando nel suo percorso, nonostante i limiti
    imposti dalla burocrazia politica19.

    L'impegno di Gianna Giachetti continua nei due
    importanti Teatri Stabili di Genova e Torino, dove
    la direzione artistica rispettivamente di Luigi
    Squarzina20 e Gianfranco De Bosio21, conduce la prosa a
    eccellenti risultati.

    Nel febbraio 1961 a Genova l'attrice recita in Uomo e
    Superuomo di George Bernard Shaw, nella Compagnia di Alberto
    Lionello, diretta da Luigi Squarzina. Il tema trattato
    dall'autore è quello del (…) Superuomo
    come prodotto, motore e guida della Forza Vitale della quale la
    donna è soltanto la parte ostinatamente riproduttiva, e la
    rappresentazione del mito di Don Giovanni portato ai nostri
    tempi, e naturalmente capovolto nel personaggio di John Tanner
    catturato dalla donna malgrado le sue continue
    fughe.22

    Il regista mette in scena il testo di Shaw in modo
    eccellente, la bellezza della scenografia di Pier Luigi Pizzi e
    la buona recitazione di Alberto Lionello e degli altri attori,
    sono elementi vincenti di uno spettacolo riuscito.

    Nel settembre dello stesso anno Gianna Giachetti
    incontra il regista Gianfranco De Bosio e inizia un
    periodo di lavoro intenso sotto la sua direzione artistica, al
    Teatro Stabile di Torino. La prima esperienza con questa regia
    è La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht, un
    dramma nel quale i temi sociali e politici cari
    all'autore, emergono nel personaggio di Arturo Ui,
    impersonato da Franco Parenti 23 ,
    attore e regista che sarà compagno di teatro
    e di vita dell'attrice in questi anni importanti. Il testo
    viene portato in scena da De Bosio in modo efficace e la
    stessa Gianna Giachetti riceve meritati applausi insieme agli
    altri attori, tra i quali emergono oltre a Franco Parenti , Mimmo
    Craig e Adriana Asti: (…) Di sinceri impeti
    Adriana Asti, e fortemente drammatica Gianna Giachetti

    Duane nelle gramaglie della vedova di
    Dollfuss. Successo caloroso24.

    Il dramma viene messo in scena nell'ambito
    di un corso di rappresentazioni che comprende La
    Moscheta di Ruzante e La cameriera brillante di Goldoni. Per
    Gianna Giachetti lavorare in questi importanti allestimenti di
    Gianfranco De Bosio, significa misurarsi con tre fondamentali
    autori del teatro italiano.

    La Moscheta, ovvero la commedia del parlar fino di
    Angelo Beolco detto Ruzante, drammaturgo rinascimentale padovano
    riscoperto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento,
    viene rappresentata più volte 25
    da Gianfranco De Bosio, che compie un
    approfondito studio trentennale sull'autore.
    L'attrice è chiamata a recitare nell'applaudita edizione
    del 1962, in scena in Italia ed in tournèe a
    Barcellona e Madrid.

    (…) La nuova edizione della Moscheta è
    molto bella. Nella pesante scena di Scandella, giustamente
    pesante come la sorvegliata parlata dei personaggi, la vicenda di
    quel povero essere che è Ruzzante di fronte alla bella
    moglie e ai suoi amanti si svolge con una misura
    stilistica ineccepibile. Soltanto il bravissimo Parenti ha dato a
    Ruzzante qualcosa in più del necessario. Cioè la
    volontà e la determinazione, che a tratti sono risultate
    evidenti, hanno reso il personaggio uomo forte, il che è
    contrario alla sua realtà. Ma al di fuori di questa
    osservazione Parenti non è che da elogiare nel suo
    continuo progredire. Con lui sono stati applauditissimi il
    divertentissimo Esposito, l'impetuosa Gianna Giachetti, il
    sorprendente Zernitz, e il simpaticissimo
    Cavalieri26.

    Al Festival Latino di Barcellona, Gianna
    Giachetti riceve il premio come migliore attrice, per la
    recitazione nel ruolo di Betìa, in dialetto patavino
    del 1500.

    L'esito fu appagante, al Festival del Teatro Latino a
    Barcellona (1962), dove la compagnia ottenne la maggior parte dei
    premi in palio, regia, interpretazione, allestimento: la proposta
    parve innovativa, la presenza del personaggio
    popolare al centro del discorso teatrale fu accolta con emozione
    dal pubblico catalano, ben attento allora a qualsiasi umore
    conformista.27

    Dopo Ruzante l'attrice incontra Carlo
    Goldoni, autore a lei caro, chiamata a recitare nel ruolo
    principale di Argentina ne La cameriera brillante,
    un personaggio furbo, allegro, cui Gianna Giachetti regala una
    grande energia ed una fresca comicità. Si tratta di una
    commedia scritta da Goldoni dopo la riforma da lui operata sul
    teatro, in un attimo di svago e di spasso, in quanto tale
    intreccio riprende quello classico e strutturale della commedia
    dell'arte28. Un buon successo di pubblico, una commedia
    riuscita con una Compagnia formata da attori come
    Franco Parenti, Sergio Tofano,

    Adriana Asti e naturalmente una ventiseienne Gianna
    Giachetti che vanta già una buona esperienza
    teatrale.

    Nel novembre del 1961 l'attrice va in scena sempre con
    la regia di De Bosio in Don Giovanni involontario di
    Vitaliano Brancati, commedia pervasa da un triste sarcasmo che
    impegna gli attori in una non facile interpretazione, e riscuote
    un tiepido successo di pubblico e di critica:

    (…) La bella commedia, che si crea sulle sillabe,
    è stata presentata in un'edizione variamente giudicabile.
    Mi è sembrato che questa volta il regista Gianfranco De
    Bosio non abbia trovato che a tratti la unitarietà dei
    toni della rappresentazione. (…)

    Nella bella e intelligente scena di Emanuele Luzzati
    (suoi anche i costumi) il protagonista Renzo
    Giovampietro ha dato un'altra prova delle sue attuali
    capacità. (…) Con lui sono da ricordare il bravo
    Franco Parenti, comico e patetico nella parte di Rosario
    Zappulla, giovane che non riesce con le donne;
    Gianna Giachetti, che deve stare attenta a non ripetere
    troppo lo stesso personaggio; Cecilia Sacchi, al suo debutto, e
    dobbiamo accogliere con piacere la sua prova totalmente positiva;
    la brava Giovanna Pellizzi, Isabella Riva così
    comunicativa, Annamaria Bottini, Cristiano Censi, Giulio Oppi,
    Mimmo Craig, Carla Parmeggiani29.

    L'attrice rimane fino alla fine del 1962 allo Stabile di
    Torino, e va in scena in novembre ne L'ufficiale reclutatore di
    George Farquhar, commedia del 1706 diretta da De Bosio e Parenti,
    che per certi aspetti di vita rusticana e per il suo
    divertire attraverso una satira politica e amara riporta
    l'attrice in un' atmosfera simile a quella creata da Ruzante. Lo
    spettacolo tuttavia non ottiene buoni risultati e gli stessi
    attori offrono interpretazioni non completamente
    convincenti:

    (…) La vicenda dell'Ufficiale reclutatore
    è tenue e tutt'altro che peregrina: i casi amorosi con i
    consueti dispetti, equivoci e travestimenti valgono a creare un
    arioso bozzetto di mondo contadino, tra il provinciale e il
    rusticano, con caratteri di ribalderia e di
    sanguigno colore locale che fanno venire in mente la tradizione
    italiana, non solo i comici dell'arte, ma i più acri
    Plauto e Ruzante. (…)

    Nel proporre sulla scena questa complessa visione del
    mondo la regia di Gianfranco De Bosio e Franco
    Parenti ha scelto una soluzione di compromesso.
    (…)

    Il compromesso, poi, ha messo gli attori di fronte a
    grosse difficoltà e non tutti sono stati
    sempre all'altezza della situazione che li voleva, secondo
    l'occasione, calati nel personaggio oppure in una posizione
    critica. Se Giulio Oppi, Osvaldo Ruggieri e Mimmo Craig
    (finalmente in una parte a lui congeniale di "Miles
    gloriosus") hanno fatto tutto molto bene e con agilità,
    Franco Parenti poteva essere più insinuante e meno
    caricaturale, Carla Gravina si è dimostrata, per quanto
    piena di buona volontà, ancora acerba, e Gianna Giachetti
    ha avuto risultati un po' monocordi30.

    1.5 LA BREVE
    STAGIONE AL TEATRO STABILE DI PALERMO

    Nel 1963 Franco Parenti assume l'incarico di Direttore
    del Teatro Stabile di Palermo, struttura che in
    questi anni collabora con lo Stabile di Torino in varie
    occasioni. La scelta di un artista completo e di un autore di
    ricerca come Parenti sembra rappresentare il tentativo della
    città e degli addetti ai lavori di superare i grandi
    problemi e gli ostacoli che incontra il teatro in
    quest'area, sia per lo scarso interesse degli stessi spettatori
    che per l'insufficiente volontà della classe
    politica31.

    Gianna Giachetti è chiamata a seguire il regista
    e attore, nelle nuove produzioni da lui allestite al Teatro
    Stabile di Palermo, bagaglio di nuove esperienze che l'attrice
    affronta con il consueto impegno e la passione per la
    recitazione che le dà la forza e l'entusiasmo di
    accettare nuove sfide. In cartellone vi sono
    Pirandello, Molière, Brancati. Vengono messi in scena due
    testi importanti, L'uomo, la bestia e la virtù di Luigi
    Pirandello, che offre l'occasione a Gianna Giachetti
    di recitare nel ruolo della Signora Perella, e J.B.
    di Archibald Mac Leish, precedentemente rappresentato e diretto
    dallo stesso Franco Parenti al Teatro Stabile di
    Torino.

    La stagione teatrale continua, il primo marzo 1964, con
    Don Giovanni di Molière, testo ambientato in
    Sicilia, rielaborato da Bertolt Brecht e diretto
    dallo svizzero Benno Besson, che aveva collaborato con
    Brecht alla riduzione e ne era stato il primo regista.

    Il Don Giovanni di Molière, immagino, lo
    conoscono tutti e tutti sanno che si tratta di un'opera scritta
    in fretta per ovviare, con la ripresa di un tema alla moda, a
    un'improvvisa carenza di repertorio determinata dalla proibizione
    di Tartuffe, e di un'opera maledetta come poche del repertorio
    classico: quindici repliche soltanto vivo l'autore e
    poi quasi più niente, anche in Francia, per tre
    secoli, sino alla famosa ripresa di Louis Jouvet del 1947.
    (…)

    Lo spettacolo accentua il carattere sostanzialmente
    irriverente dell'opera.

    Ogni personaggio viene tipicizzato in gesti e modi di
    parlare risolutamente caricaturali e ridotto alla
    dimensione unilaterale della macchietta.
    (…)32

    Lo spettacolo risulta tra i più interessanti
    della stagione, provocatorio e a tratti surreale, la Compagnia di
    attori, per la maggior parte giovani e alle prime esperienze,
    offre una buona prova ed un grande sforzo a livello
    organizzativo. (…)

    In questo senso è una serata indubbiamente
    provocatoria e spesso affascinante, anche se il
    risultato pratico non è sempre all'altezza delle
    intenzioni che lo hanno originato. Va tenuto presente che
    questa del Teatro Stabile di Palermo è una
    compagnia di giovani, alcuni dei quali salvo errore alle loro
    prime esperienze professionistiche, che devono talvolta supplire
    con la buona volontà a un'evidente immaturità di
    mezzi. Tra gli interpreti hanno fatto spicco Gigi Reder, Gianna
    Giachetti, Mino Bellei e soprattutto Franco Parenti.
    (…)33

    Ma nello stesso anno, proprio durante una replica a
    Cesena del Don Giovanni, Franco Parenti, Gianna Giachetti e gli
    altri attori della Compagnia apprendono la notizia dell'incendio
    che ha gravemente danneggiato la struttura del
    Teatro Bellini, l'ottocentesco teatro Carolino di Palermo,
    fatto grave che porta l'operazione di Teatro stabile
    condotta dallo stesso regista ad una forzata e
    prematura fine. Per molti anni si avrà un abbandono delle
    due strutture teatrali di Palermo, il Teatro Bellini e il Teatro
    Garibaldi, e si dovranno aspettare addirittura gli anni Novanta
    per la riapertura del cosiddetto "Ridotto" del Teatro Biondo
    Stabile.

    1.6 IN SCENA CON
    GIORGIO DE LULLO E ROMOLO VALLI

    L'incontro più importante, il
    sodalizio artistico e affettivo di maggiore
    intensità, Gianna Giachetti lo ebbe con Giorgio De
    Lullo34 e Romolo Valli35. L'attrice li ricorda e li racconta con
    grande emozione e rispetto, e a noi non resta che considerare
    quali grandi successi sono stati realizzati da questo
    felice incontro di grandi personalità del teatro,
    attraverso le esperienze della Compagnia dei Giovani al Teatro
    Eliseo di Roma, ed in seguito allo scioglimento della
    stessa.

    Nel 1965 le viene offerto da De Lullo il
    ruolo della bella Natascha in una importante
    edizione di Le tre sorelle di Anton Cechov, con i bei costumi e
    le scenografie di Pier Luigi Pizzi. Nel curare la regia Giorgio
    De Lullo si ispira alla memorabile edizione del 1955 di Luchino
    Visconti, nella quale aveva recitato nella parte di
    Tusenbach. Lo spettacolo, che vanta un cast
    d'eccezione ed una rilettura curata, riscuote il sincero e
    convinto applauso del pubblico e buone
    critiche.

    (…) In una commedia povera di accadimenti
    esteriori, ma ricca di un'atmosfera creata dall'azione interiore
    di molti personaggi nessuno dei quali ha una funzione di
    protagonista, tutti sullo stesso piano dai padroni di casa agli
    ospiti e ai due vecchi servitori, solo l'eccellenza d'ogni
    singolo recitante può far sì che quell'atmosfera si
    formi e si risolva in poesia. Questo è avvenuto e ne va
    resa ampia lode a Giorgio De Lullo regista che nella scelta degli
    interpreti è stato avveduto e li ha guidati in modo da
    portarne l'insieme a una rara perfezione. Quanto a De Lullo
    attore, che si era riservata la parte del fallito e tormentato
    Andrej, l'ha resa con una sensibilità che, nell'irrompere
    della pena nascosta, gli ha guadagnato un applauso a scena
    aperta. Le sorelle, di cui Elsa Albani era la buona e saggia
    Olga, Rossella Falk l'inquieta e dolorosa Mascia, Elena Cotta la
    dolce e delusa Irina, hanno formato un terzetto strettamente
    legato nella diversità dei caratteri,
    commovente nella sua aspirazione alla irraggiungibile
    Mosca. Stupendo Romolo Valli nel personaggio del colonnello
    Verscinin. Bella e odiosa Gianna Giachetti nella figura ottusa ed
    egoista di Natascia36.

    Uno spettacolo che tuttavia, secondo parte della
    critica, in alcuni momenti stenta a mantenere un eguale livello
    di intensità sia nei ritmi che nella qualità della
    recitazione, creando quel continuum che dovrebbe essere uno
    spettacolo riuscito di Cechov:

    Le Tre sorelle che ha messo in scena De Lullo all'Eliseo
    è un curioso spettacolo misto di rappresentazione e
    perorazione, di ottimismo e pessimismo, di tempo allegro e tempo
    crepuscolare, di commedia di atmosfera e commedia di
    carattere, di flusso continuo e di flusso interrotto, di
    pedanteria scenica e d'immaginazione scenografica. (…) De
    Lullo ha capito benissimo che occorreva dargli un ritmo alacre e
    quasi marziale senza per questo togliere nulla alla malinconia
    degli addii. Ma poi su quello sfondo di suoni e di richiami
    vediamo passare e ripassare l'affranto, fallitissimo Andrej che
    spinge la carrozzella del figlio con una mestizia degna della
    più convenzionale e risaputa delle commedie crepuscolari.
    (…)

    Di questi alti e bassi ha risentito la recitazione degli
    interpreti principali, almeno di alcuni di essi,
    Valli che era Versinin, la Albani che faceva Olga, la
    Giachetti che faceva Natalja, la Cotta che era Irina,
    Giuffrè che era Solenyl37.

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