PREMESSA
La storia del Teatro italiano del Novecento, è
ricca di artisti che talvolta ne sono stati, e ne sono,
protagonisti per decenni, seguendo o determinandone i
cambiamenti, le crisi, le evoluzioni. Personalità forti e
determinate che col loro "mestiere" hanno scritto o contribuito a
scrivere tale storia, grazie ad una carriera pluriennale e ad un
lavoro costante. Tra questi nomi sicuramente ha un posto di
rilievo l"attrice fiorentina Gianna Giachetti, artista che dalla
fine degli anni Cinquanta calca le scene affrontando ruoli anche
profondamente diversi da loro, appartenenti a grandi testi di
autori italiani e stranieri , scegliendo un percorso di
libertà che l"ha portata a cambiare Compagnia e ad
accettare nuove sfide.
Ricostruire la carriera artistica di Gianna
Giachetti significa ripercorrere una strada a
ritroso negli anni, nella quale incontriamo i maggiori registi,
autori e attori del nostro teatro. Perfetta nei ruoli femminili
della commedia goldoniana, riesce a misurarsi con i personaggi e
le tematiche del dramma borghese di Cechov o di Strindberg, con
la sottile psicologia dei testi di Pirandello e di
Shakespeare.
La sua carriera non riguarda tuttavia solo il teatro.
L"attrice ha infatti partecipato con la sua esperienza recitativa
in molti film, talvolta d"autore, ed ha instancabilmente lavorato
anche in televisione e alla radio.
Nata in una famiglia in cui già era presente
l"amore per il teatro ed il cinema grazie alla figura del noto
attore Fosco Giachetti1, cugino del padre di Gianna Giachetti,
ben presto, in età adolescenziale, le si è
manifestato il desiderio di calcare le scene, un sogno che ha
finito per diventare un obiettivo preciso, perseguito con lo
studio e l"impegno, durante anni di prove e di viaggi, di
successi e difficoltà, speranze e delusioni, con coraggio,
carattere e determinazione.
La storia, in definitiva, di una grande
attrice, con un ricco passato da raccontare, pronta
ad affrontare un calendario di impegni nuovi e futuri.
CAPITOLO PRIMO
IL PERCORSO
ARTISTICO DALL'ACCADEMIA ALLA DURA SCUOLA DEL
PALCOSCENICO
1.1 GLI STUDI E L'ESORDIO SULLA SCENA
TEATRALE
Gianna Giachetti nasce a Sesto Fiorentino il 24 luglio
1935 da Gino Giachetti e Albertina Gherardeschi. Suo padre lavora
per molti anni come operaio nella fabbrica Richard Ginori di
Sesto e suo fratello Romano1 sarà un noto giornalista e
critico cinematografico. Visitando Sesto ci si accorge di quanto
la famiglia Giachetti sia nota in questa cittadina alle porte di
Firenze2. Camminando per le vie del centro, troviamo infatti una
bella galleria intitolata a Fosco, costruita in omaggio
all'attore sestese e al cinema. Inoltre, presso
la Biblioteca pubblica "Ernesto Ragionieri"
si trova la Fondazione Romano Giachetti, costituita
da ben 5000 volumi di letteratura americana
contemporanea in lingua originale appartenenti al
giornalista e donati all'istituto dalla famiglia
dopo la sua morte.
Gianna Giachetti cresce quindi in un ambiente familiare
in cui ha modelli di personalità forti e creative, tanto
da stimolare la sua intelligenza artistica e la sua ambizione.
All'età di quattordici anni partecipa con
curiosità e gioia al suo primo spettacolo
teatrale. Si tratta di un'esperienza che accende in
lei la passione della recitazione.
La commedia è Lo sbaglio di essere vivo di Aldo
De Benedetti, con la regia di Dante Nello Carapelli, e la scena
è quella del Selt Valdarno, oggi sede dell'Enel, in via
del Sole a Firenze. La messa in scena piace molto al
pubblico in sala, che la ripaga con generosi applausi.
L'attrice recita anche con un gruppo che lavora su
testi contemporanei, "L'affratellamento", diretto da
Ghigo Pratesi, attivo presso i Festival delle
Filodrammatiche.
La giovane attrice, spronata dall'amico e attore Beppe
Menegatti, decide di iscriversi all'Accademia d'arte drammatica
"Silvio D'Amico" 3 di Roma. Si
diploma nel 1957 insieme ad artisti che diverranno grandi
protagonisti del nostro teatro e cinema come Giuliana
Lojodice, Ferruccio Soleri, Gian Maria
Volontè, Umberto Orsini, Mario Missiroli.
Inizia per lei un duro percorso di formazione, siamo
alla fine degli anni Cinquanta ed il teatro italiano si
caratterizza per un ricco fermento di idee e la voglia di
cambiamento. La diminuzione degli spettatori registrata in questi
anni è causata dalla concorrenza di cinema e televisione,
che nel 1954 dà il via alle trasmissioni ufficiali, ma
anche da una crisi più profonda. La lotta
contro gli episodi di censura, la crisi delle compagnie
minori, la presenza di un teatro chiuso e vecchio
come quello ufficiale, portano alla nascita di un tentativo di
innovazione e di rivolta attraverso alcuni registi come Giorgio
Strehler, Dario Fo, Luigi Squarzina, Ugo Betti, i quali lavorano
per un teatro caratterizzato dall'impegno culturale e
politico-sociale4.
In questo panorama ricco e complesso inizia
il percorso di attrice di Gianna Giachetti, che
già in età giovanile recita sotto la direzione
artistica di grandi registi. E' interessante notare quanto ogni
sua interpretazione sia un passo avanti lungo una strada coerente
di seria formazione professionale, attraverso
esperienze in rappresentazioni teatrali di alto livello di cast e
di regia.
1.2 ORAZIO COSTA
MAESTRO E REGISTA
Gianna Giachetti apprende i primi
insegnamenti all'Accademia da importanti maestri,
tra i quali ricordiamo Wanda Capodaglio, Ione Morino, Elma
Criner, Sergio Tofano, Giorgio Bassani, Niccolò Gallo, e
da un regista e attore tra i massimi esponenti del
teatro italiano come Orazio Costa
5, insegnante e teorico del
teatro che diffonde un suo metodo di insegnamento
per la formazione dell'attore che diverrà una teoria
generale del teatro, in Italia e non solo, sulla quale si basa
l'Accademia d'arte drammatica di Roma fino al 19766.
Nella concezione di Orazio Costa l'attore è
importante, ma deve rimanere coerente rispetto al testo e
all'autore del testo, e tutti gli elementi devono trovare la loro
unità sotto la guida del regista, che svolge un
ruolo fondamentale di natura etica e di
armonizzazione dello spettacolo, non solo in senso coreografico,
senza limitarne l'originalità stilistica. Il suo
insegnamento si colloca nell'ambito dei tentativi di
aggiornamento del teatro italiano, impediti da una
tradizione che risale alla fine dell'Ottocento, ferma al dominio
dei grandi "mattatori", attori sulla cui recitazione si basava
l'intero spettacolo, fino alla fondazione dell'Accademia d'arte
drammatica di D'Amico, nella quale si va formando un nuovo tipo
di attore, che pur conservando indiscusse grandi
qualità, permette la concezione di uno spettacolo che
trova nella figura del regista il momento di coesione di tutti
gli elementi7.
L'attrice recita durante gli anni dell'Accademia in
alcuni importanti allestimenti di Orazio Costa, confrontandosi
con il rigore di una regia di forte tensione
spirituale, permeata da una concezione di sacralità del
teatro che contraddistingue la scuola del regista. Il 30 marzo
1956 l'allieva Gianna Giachetti recita con successo
nel ruolo principale della Madonna in Donna del
Paradiso, Mistero della Natività, Passione e
Resurrezione di Nostro Signore, testo tratto da
laudi dei secoli XIII e XIV ad opera di Silvio D'Amico. L'evento
è dedicato alla memoria di Silvio D' Amico, nel primo
anniversario della sua scomparsa, e rappresenta per
l'attrice un vero e proprio banco di prova, superato
con grazia e capacità.
Critiche positive e lodi per la sua interpretazione le
giungono sia dai maestri dell'Accademia che dalla
stampa:
Fra i trentasei allievi dell'Accademia ha avuto modo di
distinguersi Gianna Giachetti nella parte della Madonna. Questa
giovane allieva si è rivelata una sicura promessa della
nostra scena di prosa. In platea, un autorevole cugino
della giovane attrice, Fosco Giachetti, era visibilmente
commosso del successo della sua congiunta8.
Nel mese di luglio dello stesso anno Orazio Costa mette
in scena Liolà di Luigi Pirandello, per commemorare i 20
anni trascorsi dalla morte del drammaturgo e celebrare i primi 20
anni di attività dell'Accademia, e l'attrice
vi recita nel ruolo di una giovane contadina. Poco
più tardi interpreta una delle anime in
L'angelo di Luigi Santucci, dramma diretto da Orazio Costa, con
la regia di Mario Ferrero, che le dà l'occasione di
conoscere l'attore Giorgio Albertazzi.
Il saggio finale dell'Accademia, il 27 marzo 1957,
è Nostra Dea9, di Massimo Bontempelli , piéce
complessa e metateatrale, nella quale l'attrice recita nel ruolo
difficile e principale di Dea, diretta da una giovane regista
ex allieva dell'Accademia. Gianna Giachetti
interpreta un personaggio che cambia carattere e atteggiamento in
funzione dell'abito che indossa, ruolo che la fa
distinguere per la capacità e il coraggio con il quale
affronta la prova. L'attrice scopre sorpresa di
suscitare, con la sua interpretazione di Dea, la
risata del pubblico e riceve meritati applausi e critiche
positive:
(…) Certo, diciamolo subito, c'è voluto un
gran coraggio a scegliere «Nostra Dea» per una recita
di allievi; si pensi, per raccontare in breve la trama, che la
protagonista di questa commedia è una simpatica, bella
giovane che cambia di carattere, di temperamento, a seconda del
vestito che indossa.
Un personaggio come si vede, che farebbe drizzare i
capelli anche alla più esperta, alla più quotata
delle attrici di prosa, una commedia che metterebbe nelle pettole
il più bravo dei nostri registi. (…)
Protagonista della commedia e della serata era Gianna
Giachetti, allieva del terzo anno. La giovane
Gianna, oltreché essere bella, ha anche della stoffa; se
ci si permette fare un'osservazione (a carattere generale
però: un difetto di tutti questi attori), è che
gesticola troppo10.
Finita l'esperienza di studio e formazione
dell'Accademia, l'attrice inizia a lavorare nell'agosto del 1957,
ed ottiene una piccola parte nel coro delle ancelle in Ifigenia
in Tauride di Euripide, ancora con la regia di Orazio
Costa e Mario Ferrero, accanto ad alcuni importanti
attori come Lilla Brignone, Enrico Maria Salerno, Alberto
Lupo.
1.3 GLI ANNI
ROMANI
Legata alla sua città, Gianna Giachetti si trova
a dover lasciare casa e famiglia per inseguire la sua passione e
realizzare il percorso di attrice, e si trasferisce a Roma, dove
reciterà nei primi importanti spettacoli. Nel 1958, a soli
ventitre anni, è in scena con una commedia musicale, Lina
ed il Cavaliere, occasione che la fa lavorare accanto a Franca
Valeri, Vittorio Caprioli, Giuseppe Patroni Griffi in un genere
che riscuote un buon successo di pubblico11. In
questa occasione Gianna Giachetti interpreta una giovane
"svanita" e provocante. Viene notata dal grande pubblico
oltre che per la bellezza ed il fascino, per la
capacità di vestire, all'interno di uno stesso
spettacolo, ruoli diversi tra loro con disinvoltura e
ironia.
(…) Gianna Giachetti, autentica rivelazione dello
spettacolo, ha spadroneggiato nei panni della Mina, a volte
racchia a volte vamp a seconda della moda e delle operazioni di
plastica non soltanto facciale.
(…)12
La stampa la definisce la giovane "pin up"
della prosa:
(…) Una giovane attrice, che per le sue doti
fisiche potrebbe essere agevolmente inclusa nel novero delle
«maggiorate», ha compiuto in questi giorni il suo
ingresso ufficiale nel palcoscenico, e proviene dalla più
severa e tradizionale delle scuole, dall'Accademia d'Arte
Drammatica. E' Gianna Giachetti, è bruna,
formosa. Ha gli occhi a mandorla, le caviglie
sottilissime.
Raul Radice e Orazio Costa, suoi maestri, l'hanno
ritenuta degna di interpretare il difficile personaggio di
«Nostra Dea» nella commedia omonima di Massimo
Bontempelli. Questo personaggio trent'anni addietro portò
fulmineamente al rango di prima attrice Marta Abba13.
Sempre nel 1958 l'incontro con Luchino
Visconti 14 , con la partecipazione
al dramma familiare Veglia la mia casa, angelo, commedia
americana tratta da un vecchio romanzo di Thomas Wolfe. Il
Teatro è il Quirino di Roma e la Compagnia è quella
di Lilla Brignone, attrice di grande esperienza, formatasi con
registi come Giorgio Strehler e Luchino Visconti. La giovane
Gianna Giachetti recita con lei ed altri bravi interpreti quali
Adriana Asti , Corrado Pani, Tino Bianchi, e molti
altri:
(…) Luchino Visconti ha mosso con la consueta
perizia un folto gruppo di interpreti, circa una ventina, via via
animandoli sullo sfondo delle scene veristiche di Mario
Garbuglia. Ed ha ottenuto effetti eccellenti in ognuno dei cinque
quadri della commedia. (…)
Applausi a scena aperta e alla fine di ogni quadro. Dopo
l'ultimo, gli attori e il regista, sono stati
calorosamente evocati più volte al proscenio15.
Veglia la mia casa, angelo è un affresco di vita
provinciale, vi si raccontano i conflitti familiari, la
solitudine e l'incomprensione che talvolta vi regna, tanto da
soffocare aspirazioni e creare incapacità di comunicazione
tra genitori e figli:
(…) Ambiente dispersivo e opprimente quello della
famiglia Gant, dove ogni intimità di vita domestica
è sacrificata alla convivenza con gli ospiti della
Pensione Dixieland tenuta da Eliza Gant, una donna autoritaria e
incomprensiva sempre rivolta a combinare affari vantaggiosi per
l'avvenire economico della famiglia.
(…)
Sfrutta la figlia Helen, benché già
maritata, servendosene come d'una domestica nel
mandare avanti la pensione. (…)
Ma Luchino Visconti è artista d'una intelligenza
e d'una sensibilità alle quali non sfugge mai
il motivo profondo d'un testo; e, pur avendo badato a
rendere l'atmosfera confusionaria e opprimente della vita
della pensione, la sua regia ha mirato fin da
principio a farvi avvertire il sottinteso di quel
conflitto, graduandone le rivelazioni, così che esso
esplode con tanto maggior forza nel commovente
finale.16
Gianna Giachetti recita nel ruolo della figlia Helen,
sposata ma nonostante questo sfruttata dalla madre egoista e
autoritaria, che le fa svolgere il ruolo della
domestica nella conduzione della pensione che lei
stessa gestisce con grande senso affaristico. La commedia
riscuote un buon successo di critica e di pubblico e rappresenta
per l'attrice un notevole esercizio recitativo, guidata dalla
regia equilibrata e sapiente di Visconti.
(…) Tra gli altri interpreti ricordiamo Gianna
Giachetti, piuttosto vera nella parte della figlia. (…) Di
un gusto minuto e preciso le scene di Mario Garbuglia facevano
America quanto le canzoni di Nino Rota. Quattro applausi a scena
aperta, molte chiamate alla fine agli interpreti ed al
regista17.
Nel 1959 l'attrice, sempre a Roma, ottiene una parte che
la fa apprezzare sia dal pubblico che dalla critica, in Le
ragazze bruciate verdi, di Gian Paolo Callegari, con la regia di
Daniele D'Anza. Il tema trattato fa discutere e,
dopo i successi avuti all'estero, lo spettacolo incontra in
Italia ostacoli e perplessità da parte della
censura, poiché si ispira ad un fatto di cronaca, il
cosiddetto "affare Montesi", che fa emergere il ritratto di una
piccola-media borghesia priva di principi e
moralità.
Il 1959 rappresenta per l'attrice un' ottima scuola,
nella capitale ottiene infatti un altro ruolo in una
commedia di Alessandro De Stefani, Portava la maschera, con la
regia di Giorgio Bandini. Gianna Giachetti recita accanto a Renzo
Giovampietro, Carlo D' Angelo, Lia Zoppelli, in una piéce
che ha come temi il tradimento coniugale, la
gelosia, rappresentati in una atmosfera di
sogno.
Un' esperienza nuova che la porta dopo pochi mesi a
confrontarsi con un grande attore di cinema, Ugo Tognazzi,
stavolta impegnato sulle scene teatrali in Gog e
Magog, riduzione di Gabriel Arout, al Teatro Quirino di Roma. La
commedia, che ha le sue origini nel giallo poliziesco, si basa
sul motivo antico del sosia e sullo sdoppiamento della
personalità del protagonista, un Tognazzi timido e
remissivo, amato e incoraggiato solo dalla moglie, una brava
Gianna Giachetti, cui si sostituisce insinuandosi nelle
sue azioni un "doppio" scaltro e immorale. La commedia,
ricca di sorprese, misteri, e intrisa di risvolti
psicologici, riscuote un buon successo, anche grazie
all'interpretazione degli attori:
Ugo Tognazzi è entrato con tanta discrezione nel
personaggio del protagonista, ne ha disegnato lo sdoppiamento con
mano così leggera e quasi timida, da dar l'impressione che
egli si difendesse con una recitazione scolorita dal sospetto di
voler portare sulla scena di prosa le forzature comiche
dell'attore di rivista. (…)
Gianna Giachetti (la moglie), Antonella Steni (la
suocera), Mico Cundari (l'Ispettore), col Severini e
il Carloni, hanno contribuito al successo dello spettacolo che ha
procurato numerose chiamate a Tognazzi e ai suoi
collaboratori18.
1.4 L'ATTRICE AI
TEATRI STABILI DI GENOVA E TORINO
Negli anni 1960-63 alcuni importanti teatri diventano
Stabili; tra i maggiori vi sono quelli delle tre città
industriali Genova, Milano e Torino. Il problema che si presenta
è la forte ingerenza degli organi centrali dello Stato
sulla produzione degli Stabili, attraverso l'arma delle
sovvenzioni pubbliche.
Da un lato il teatro ha bisogno dei fondi, dall'altro
rischia una limitazione di libertà espressiva
a causa del controllo statale. Tuttavia il miglior teatro di
regia sta continuando nel suo percorso, nonostante i limiti
imposti dalla burocrazia politica19.
L'impegno di Gianna Giachetti continua nei due
importanti Teatri Stabili di Genova e Torino, dove
la direzione artistica rispettivamente di Luigi
Squarzina20 e Gianfranco De Bosio21, conduce la prosa a
eccellenti risultati.
Nel febbraio 1961 a Genova l'attrice recita in Uomo e
Superuomo di George Bernard Shaw, nella Compagnia di Alberto
Lionello, diretta da Luigi Squarzina. Il tema trattato
dall'autore è quello del (…) Superuomo
come prodotto, motore e guida della Forza Vitale della quale la
donna è soltanto la parte ostinatamente riproduttiva, e la
rappresentazione del mito di Don Giovanni portato ai nostri
tempi, e naturalmente capovolto nel personaggio di John Tanner
catturato dalla donna malgrado le sue continue
fughe.22
Il regista mette in scena il testo di Shaw in modo
eccellente, la bellezza della scenografia di Pier Luigi Pizzi e
la buona recitazione di Alberto Lionello e degli altri attori,
sono elementi vincenti di uno spettacolo riuscito.
Nel settembre dello stesso anno Gianna Giachetti
incontra il regista Gianfranco De Bosio e inizia un
periodo di lavoro intenso sotto la sua direzione artistica, al
Teatro Stabile di Torino. La prima esperienza con questa regia
è La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht, un
dramma nel quale i temi sociali e politici cari
all'autore, emergono nel personaggio di Arturo Ui,
impersonato da Franco Parenti 23 ,
attore e regista che sarà compagno di teatro
e di vita dell'attrice in questi anni importanti. Il testo
viene portato in scena da De Bosio in modo efficace e la
stessa Gianna Giachetti riceve meritati applausi insieme agli
altri attori, tra i quali emergono oltre a Franco Parenti , Mimmo
Craig e Adriana Asti: (…) Di sinceri impeti
Adriana Asti, e fortemente drammatica Gianna Giachetti
Duane nelle gramaglie della vedova di
Dollfuss. Successo caloroso24.
Il dramma viene messo in scena nell'ambito
di un corso di rappresentazioni che comprende La
Moscheta di Ruzante e La cameriera brillante di Goldoni. Per
Gianna Giachetti lavorare in questi importanti allestimenti di
Gianfranco De Bosio, significa misurarsi con tre fondamentali
autori del teatro italiano.
La Moscheta, ovvero la commedia del parlar fino di
Angelo Beolco detto Ruzante, drammaturgo rinascimentale padovano
riscoperto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento,
viene rappresentata più volte 25
da Gianfranco De Bosio, che compie un
approfondito studio trentennale sull'autore.
L'attrice è chiamata a recitare nell'applaudita edizione
del 1962, in scena in Italia ed in tournèe a
Barcellona e Madrid.
(…) La nuova edizione della Moscheta è
molto bella. Nella pesante scena di Scandella, giustamente
pesante come la sorvegliata parlata dei personaggi, la vicenda di
quel povero essere che è Ruzzante di fronte alla bella
moglie e ai suoi amanti si svolge con una misura
stilistica ineccepibile. Soltanto il bravissimo Parenti ha dato a
Ruzzante qualcosa in più del necessario. Cioè la
volontà e la determinazione, che a tratti sono risultate
evidenti, hanno reso il personaggio uomo forte, il che è
contrario alla sua realtà. Ma al di fuori di questa
osservazione Parenti non è che da elogiare nel suo
continuo progredire. Con lui sono stati applauditissimi il
divertentissimo Esposito, l'impetuosa Gianna Giachetti, il
sorprendente Zernitz, e il simpaticissimo
Cavalieri26.
Al Festival Latino di Barcellona, Gianna
Giachetti riceve il premio come migliore attrice, per la
recitazione nel ruolo di Betìa, in dialetto patavino
del 1500.
L'esito fu appagante, al Festival del Teatro Latino a
Barcellona (1962), dove la compagnia ottenne la maggior parte dei
premi in palio, regia, interpretazione, allestimento: la proposta
parve innovativa, la presenza del personaggio
popolare al centro del discorso teatrale fu accolta con emozione
dal pubblico catalano, ben attento allora a qualsiasi umore
conformista.27
Dopo Ruzante l'attrice incontra Carlo
Goldoni, autore a lei caro, chiamata a recitare nel ruolo
principale di Argentina ne La cameriera brillante,
un personaggio furbo, allegro, cui Gianna Giachetti regala una
grande energia ed una fresca comicità. Si tratta di una
commedia scritta da Goldoni dopo la riforma da lui operata sul
teatro, in un attimo di svago e di spasso, in quanto tale
intreccio riprende quello classico e strutturale della commedia
dell'arte28. Un buon successo di pubblico, una commedia
riuscita con una Compagnia formata da attori come
Franco Parenti, Sergio Tofano,
Adriana Asti e naturalmente una ventiseienne Gianna
Giachetti che vanta già una buona esperienza
teatrale.
Nel novembre del 1961 l'attrice va in scena sempre con
la regia di De Bosio in Don Giovanni involontario di
Vitaliano Brancati, commedia pervasa da un triste sarcasmo che
impegna gli attori in una non facile interpretazione, e riscuote
un tiepido successo di pubblico e di critica:
(…) La bella commedia, che si crea sulle sillabe,
è stata presentata in un'edizione variamente giudicabile.
Mi è sembrato che questa volta il regista Gianfranco De
Bosio non abbia trovato che a tratti la unitarietà dei
toni della rappresentazione. (…)
Nella bella e intelligente scena di Emanuele Luzzati
(suoi anche i costumi) il protagonista Renzo
Giovampietro ha dato un'altra prova delle sue attuali
capacità. (…) Con lui sono da ricordare il bravo
Franco Parenti, comico e patetico nella parte di Rosario
Zappulla, giovane che non riesce con le donne;
Gianna Giachetti, che deve stare attenta a non ripetere
troppo lo stesso personaggio; Cecilia Sacchi, al suo debutto, e
dobbiamo accogliere con piacere la sua prova totalmente positiva;
la brava Giovanna Pellizzi, Isabella Riva così
comunicativa, Annamaria Bottini, Cristiano Censi, Giulio Oppi,
Mimmo Craig, Carla Parmeggiani29.
L'attrice rimane fino alla fine del 1962 allo Stabile di
Torino, e va in scena in novembre ne L'ufficiale reclutatore di
George Farquhar, commedia del 1706 diretta da De Bosio e Parenti,
che per certi aspetti di vita rusticana e per il suo
divertire attraverso una satira politica e amara riporta
l'attrice in un' atmosfera simile a quella creata da Ruzante. Lo
spettacolo tuttavia non ottiene buoni risultati e gli stessi
attori offrono interpretazioni non completamente
convincenti:
(…) La vicenda dell'Ufficiale reclutatore
è tenue e tutt'altro che peregrina: i casi amorosi con i
consueti dispetti, equivoci e travestimenti valgono a creare un
arioso bozzetto di mondo contadino, tra il provinciale e il
rusticano, con caratteri di ribalderia e di
sanguigno colore locale che fanno venire in mente la tradizione
italiana, non solo i comici dell'arte, ma i più acri
Plauto e Ruzante. (…)
Nel proporre sulla scena questa complessa visione del
mondo la regia di Gianfranco De Bosio e Franco
Parenti ha scelto una soluzione di compromesso.
(…)
Il compromesso, poi, ha messo gli attori di fronte a
grosse difficoltà e non tutti sono stati
sempre all'altezza della situazione che li voleva, secondo
l'occasione, calati nel personaggio oppure in una posizione
critica. Se Giulio Oppi, Osvaldo Ruggieri e Mimmo Craig
(finalmente in una parte a lui congeniale di "Miles
gloriosus") hanno fatto tutto molto bene e con agilità,
Franco Parenti poteva essere più insinuante e meno
caricaturale, Carla Gravina si è dimostrata, per quanto
piena di buona volontà, ancora acerba, e Gianna Giachetti
ha avuto risultati un po' monocordi30.
1.5 LA BREVE
STAGIONE AL TEATRO STABILE DI PALERMO
Nel 1963 Franco Parenti assume l'incarico di Direttore
del Teatro Stabile di Palermo, struttura che in
questi anni collabora con lo Stabile di Torino in varie
occasioni. La scelta di un artista completo e di un autore di
ricerca come Parenti sembra rappresentare il tentativo della
città e degli addetti ai lavori di superare i grandi
problemi e gli ostacoli che incontra il teatro in
quest'area, sia per lo scarso interesse degli stessi spettatori
che per l'insufficiente volontà della classe
politica31.
Gianna Giachetti è chiamata a seguire il regista
e attore, nelle nuove produzioni da lui allestite al Teatro
Stabile di Palermo, bagaglio di nuove esperienze che l'attrice
affronta con il consueto impegno e la passione per la
recitazione che le dà la forza e l'entusiasmo di
accettare nuove sfide. In cartellone vi sono
Pirandello, Molière, Brancati. Vengono messi in scena due
testi importanti, L'uomo, la bestia e la virtù di Luigi
Pirandello, che offre l'occasione a Gianna Giachetti
di recitare nel ruolo della Signora Perella, e J.B.
di Archibald Mac Leish, precedentemente rappresentato e diretto
dallo stesso Franco Parenti al Teatro Stabile di
Torino.
La stagione teatrale continua, il primo marzo 1964, con
Don Giovanni di Molière, testo ambientato in
Sicilia, rielaborato da Bertolt Brecht e diretto
dallo svizzero Benno Besson, che aveva collaborato con
Brecht alla riduzione e ne era stato il primo regista.
Il Don Giovanni di Molière, immagino, lo
conoscono tutti e tutti sanno che si tratta di un'opera scritta
in fretta per ovviare, con la ripresa di un tema alla moda, a
un'improvvisa carenza di repertorio determinata dalla proibizione
di Tartuffe, e di un'opera maledetta come poche del repertorio
classico: quindici repliche soltanto vivo l'autore e
poi quasi più niente, anche in Francia, per tre
secoli, sino alla famosa ripresa di Louis Jouvet del 1947.
(…)
Lo spettacolo accentua il carattere sostanzialmente
irriverente dell'opera.
Ogni personaggio viene tipicizzato in gesti e modi di
parlare risolutamente caricaturali e ridotto alla
dimensione unilaterale della macchietta.
(…)32
Lo spettacolo risulta tra i più interessanti
della stagione, provocatorio e a tratti surreale, la Compagnia di
attori, per la maggior parte giovani e alle prime esperienze,
offre una buona prova ed un grande sforzo a livello
organizzativo. (…)
In questo senso è una serata indubbiamente
provocatoria e spesso affascinante, anche se il
risultato pratico non è sempre all'altezza delle
intenzioni che lo hanno originato. Va tenuto presente che
questa del Teatro Stabile di Palermo è una
compagnia di giovani, alcuni dei quali salvo errore alle loro
prime esperienze professionistiche, che devono talvolta supplire
con la buona volontà a un'evidente immaturità di
mezzi. Tra gli interpreti hanno fatto spicco Gigi Reder, Gianna
Giachetti, Mino Bellei e soprattutto Franco Parenti.
(…)33
Ma nello stesso anno, proprio durante una replica a
Cesena del Don Giovanni, Franco Parenti, Gianna Giachetti e gli
altri attori della Compagnia apprendono la notizia dell'incendio
che ha gravemente danneggiato la struttura del
Teatro Bellini, l'ottocentesco teatro Carolino di Palermo,
fatto grave che porta l'operazione di Teatro stabile
condotta dallo stesso regista ad una forzata e
prematura fine. Per molti anni si avrà un abbandono delle
due strutture teatrali di Palermo, il Teatro Bellini e il Teatro
Garibaldi, e si dovranno aspettare addirittura gli anni Novanta
per la riapertura del cosiddetto "Ridotto" del Teatro Biondo
Stabile.
1.6 IN SCENA CON
GIORGIO DE LULLO E ROMOLO VALLI
L'incontro più importante, il
sodalizio artistico e affettivo di maggiore
intensità, Gianna Giachetti lo ebbe con Giorgio De
Lullo34 e Romolo Valli35. L'attrice li ricorda e li racconta con
grande emozione e rispetto, e a noi non resta che considerare
quali grandi successi sono stati realizzati da questo
felice incontro di grandi personalità del teatro,
attraverso le esperienze della Compagnia dei Giovani al Teatro
Eliseo di Roma, ed in seguito allo scioglimento della
stessa.
Nel 1965 le viene offerto da De Lullo il
ruolo della bella Natascha in una importante
edizione di Le tre sorelle di Anton Cechov, con i bei costumi e
le scenografie di Pier Luigi Pizzi. Nel curare la regia Giorgio
De Lullo si ispira alla memorabile edizione del 1955 di Luchino
Visconti, nella quale aveva recitato nella parte di
Tusenbach. Lo spettacolo, che vanta un cast
d'eccezione ed una rilettura curata, riscuote il sincero e
convinto applauso del pubblico e buone
critiche.
(…) In una commedia povera di accadimenti
esteriori, ma ricca di un'atmosfera creata dall'azione interiore
di molti personaggi nessuno dei quali ha una funzione di
protagonista, tutti sullo stesso piano dai padroni di casa agli
ospiti e ai due vecchi servitori, solo l'eccellenza d'ogni
singolo recitante può far sì che quell'atmosfera si
formi e si risolva in poesia. Questo è avvenuto e ne va
resa ampia lode a Giorgio De Lullo regista che nella scelta degli
interpreti è stato avveduto e li ha guidati in modo da
portarne l'insieme a una rara perfezione. Quanto a De Lullo
attore, che si era riservata la parte del fallito e tormentato
Andrej, l'ha resa con una sensibilità che, nell'irrompere
della pena nascosta, gli ha guadagnato un applauso a scena
aperta. Le sorelle, di cui Elsa Albani era la buona e saggia
Olga, Rossella Falk l'inquieta e dolorosa Mascia, Elena Cotta la
dolce e delusa Irina, hanno formato un terzetto strettamente
legato nella diversità dei caratteri,
commovente nella sua aspirazione alla irraggiungibile
Mosca. Stupendo Romolo Valli nel personaggio del colonnello
Verscinin. Bella e odiosa Gianna Giachetti nella figura ottusa ed
egoista di Natascia36.
Uno spettacolo che tuttavia, secondo parte della
critica, in alcuni momenti stenta a mantenere un eguale livello
di intensità sia nei ritmi che nella qualità della
recitazione, creando quel continuum che dovrebbe essere uno
spettacolo riuscito di Cechov:
Le Tre sorelle che ha messo in scena De Lullo all'Eliseo
è un curioso spettacolo misto di rappresentazione e
perorazione, di ottimismo e pessimismo, di tempo allegro e tempo
crepuscolare, di commedia di atmosfera e commedia di
carattere, di flusso continuo e di flusso interrotto, di
pedanteria scenica e d'immaginazione scenografica. (…) De
Lullo ha capito benissimo che occorreva dargli un ritmo alacre e
quasi marziale senza per questo togliere nulla alla malinconia
degli addii. Ma poi su quello sfondo di suoni e di richiami
vediamo passare e ripassare l'affranto, fallitissimo Andrej che
spinge la carrozzella del figlio con una mestizia degna della
più convenzionale e risaputa delle commedie crepuscolari.
(…)
Di questi alti e bassi ha risentito la recitazione degli
interpreti principali, almeno di alcuni di essi,
Valli che era Versinin, la Albani che faceva Olga, la
Giachetti che faceva Natalja, la Cotta che era Irina,
Giuffrè che era Solenyl37.
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